“Dopo Piazza Fontana ci fu il dilagare delle legaliste e innocentiste controinchieste in cui la macchietta dell’anarchico bombarolo e sanguinario venne sostituita dall’ancor più demenziale macchietta dell’anarchico vittima inerme e predestinata della violenza statale. In molti, per quieto vivere o per strappare i propri compagni dalla galera stettero al gioco, alcuni si spinsero oltre contribuendo loro stessi a questa nuova tendenza “investigativa” attraverso controinchieste altrettanto legaliste, macchiettistiche e piagnone. Non si possono comprendere a pieno i fatti tragici di Milano ed il conseguente panico e scompiglio tra le fila anarchiche senza fare un breve accenno alla lenta ma graduale evoluzione che coinvolse una parte del movimento negli anni che vanno dal 1962 al 1969.
In tutta Italia in quegli anni gli anarchici d’azione attraversarono un momento di grande vitalità, direi quasi di rinascita. Diversi nuclei e gruppi di affinità molto mobili, di giovani e meno giovani, crebbero nella potenza delle loro azioni, da attentati di bassa intensità col nitrato fino a più potenti attentati con la dinamite. Questa crescita ebbe un’accelerazione grazie all’influenza delle FIJL spagnole e della loro diretta emanazione: il gruppo internazionale Primo Maggio. Questa evoluzione si verificò contemporaneamente in altri paesi europei dando frutti migliori: l’Angry Brigade in Inghilterra, i Ribelli dell’hashish in Germania, i GARI in Francia. In Italia lo shock collettivo della strage di stato interromperà bruscamente quest’evoluzione bloccandone lo sviluppo.
(…)
“gli anarchici colpiscono con regolarità periodica, e ogni due tre mesi c’è qualcosa che succede nella tranquilla società italiana. Vedi, ad esempio, gli attentati contro il consolato spagnolo a Napoli e il fallito attentato contro lo stesso consolato di Genova …” (Ivo della Salva, intervista dalla latitanza)
Questa evoluzione sarà bruscamente interrotta dal complottismo dilagante che farà seguito alla stage. L’apice del “piangersi addosso” verrà raggiunto dopo l’omicidio di Pinelli con lo stravolgimento in chiave vittimistica pacifista e democratica che il movimento nella sua grande maggioranza fece della figura di questo compagno: decine di congetture, milioni di fogli processuali avvallanti le teorie più astruse su complotti internazionali, trame nere, trame rosse, opposti estremismi, CIA, KGB, servizi segreti “deviati”. Da tutte quelle scartoffie processuali e delle conseguenti e parallele controinchieste nacque una nuova “scienza” che avrà nell’anarchismo d’azione una delle sue vittime più illustri. In nome di questa “scienza”, denominata “strategia della tensione”, ad ogni petardo o bomba negli anni a seguire arrivò regolare come un cronometro l’accusa di provocazione. Ogni volta che un gruppo anarchico colpisce, ancora oggi capita che le mummie dell’immobilismo “rivoluzionario” ricaccino fuori questa usatissima e utilissima teoria contro quanti si permettano di trasformare in fatti ciò di cui in mille blaterano. L’anarchismo italiano degli inizi degli anni settanta sarà fortemente caratterizzato dalla campagna per la liberazione di Valpreda. Una campagna tutta incentrata sul legalismo, che verterà quasi esclusivamente sulla difesa processuale e sulla ricerca del consenso pietoso dell’opinione pubblica democratica. (…) Al di fuori del “bel paese” i compagni/e che avevano collaborato con Pinelli e la sua “Croce Nera”, federazioni giovanili, FIJL, Primo Maggio, Black Cross inglese erano confusi e frastornati. Le notizie che ricevevano dall’Italia erano contraddittorie, il movimento italiano era totalmente in balia della caccia all’infiltrato, sembrava che non ci si potesse più fidare di nessuno, totalmente in panico, gli anarchici italiani vedevano agenti segreti e provocazioni ad ogni angolo di strada. Un esempio illuminante di questa paranoia diffusa e contagiosa ce la fornisce Octavio Alberola, uno dei fondatori del gruppo Primo Maggio che, nel libro “El anarquismo espanol y la accion revolucionaria, 1961-1974” scritto nel 1975 a due mani con Ariane Gransac, quando inizia ad elencare le azioni verificatesi in quegli anni si blocca confessando che da una certa data in poi non si sarebbe pronunciato sull’Italia per colpa delle provocazioni e montature in atto in quel paese, che rendevano poco credibili le azioni verificatesi in quel lasso di tempo. Questi dubbi di Alberola sono indicativi della confusione e del panico che regnavano negli ambienti anarchici italiani, che nella stragrande maggioranza si trovarono impreparati davanti a questi tragici eventi non riuscendo a dare una risposta collettiva altrettanto aggressiva quanto la violenza e repressione che li aveva colpiti.
Il 9 settembre 1970 le federazioni giovanili ed il Primo Maggio in ricordo del loro compagno Pinelli fecero scoppiare degli ordigni simultaneamente a Parigi, Londra, Manchester e Birmingham contro edifici di rappresentanza italiani. Fu l’unica azione di un certo spessore fatta in Europa per Pinelli. La responsabilità di questa scarsa solidarietà rivoluzionaria fu dovuta alla linea difensiva legalista che i compagni stavano portando avanti in Italia. Perché qualcuno fuori dai confini italiani si ricordi anche di Valpreda bisognerà aspettare il febbraio del 1972 quando una bomba in sua solidarietà scoppiò all’ambasciata italiana di Bruxelles. In Italia le cose non andarono tanto diversamente, furono poche le azioni di rilievo da inquadrare come reazione ai fatti di Piazza Fontana che usciranno dai binari della protesta simbolica civile.
Poche azioni ma significative, il 17 maggio 1972 il commissario Calabresi, maggiore responsabile della morte di Pinelli venne ucciso sotto casa da sconosciuti. Anche in quel caso scattò lo sdegno di una parte del movimento: incredibilmente anche molti anarchici, Valpreda incluso, urlarono allo scandalo. In mancanza di un responsabile da infamare si scagliarono contro l’azione delirando di “complotti” e di una fantomatica utilità da parte del potere a far sparire un testimone scomodo. Senza ritegno si tentò di insozzare un azione esemplare, lucida, chirurgica. L’operazione denigratoria non riuscì, il movimento tutto si galvanizzò, Lotta Continua esaltò il gesto vendicatore, alcuni suoi ex militanti decenni dopo pagheranno caro con la galera il loro antico entusiasmo. Da quella data gli storici faranno partire i cosi detti “anni di piombo”.
Esattamente un anno dopo, il 17 maggio 1973 davanti alla questura milanese appena finita l’inaugurazione di una lapide a Calabresi, l’anarchico individualista Gianfranco Bertoli lanciò una bomba a mano facendo svariati morti e feriti. Il compagno, una volta catturato, rivendicò con orgoglio il suo essere anarchico individualista e spiegò il suo gesto come una vendetta per l’omicidio di Pinelli: lapidato pubblicamente da tutto il movimento anarchico, le anime belle della “Rivoluzione” lo fecero immediatamente passare per fascista a libro paga dei servizi segreti deviati. Tra le pochissime eccezioni il Ponte della Ghisolfa circolo anarchico milanese che pur dissociandosi dal “folle” (sic.) gesto lo riconobbe come un compagno, che sbagliava, ma pur sempre un compagno. Molti anni dopo convinti da un magistrato democratico cambieranno idea, ma questa è un altra storia, molto sgradevole che non mi va di raccontare, una brutta storia fatta di strumentalizzazioni e convenienze politiche.”
[da un contributo critico del compagno anarchico Alfredo Cospito scritto nel 2015 per il secondo numero di Croce Nera Anarchica]
Per farla finita con certo marxismo integratosi nel capitalismo.
>> Proviamo ad assumere il punto di vista operaio sulla scienza. Scienza come macchinario, quindi scienza come “potenza ostile” alla classe, secondo la felice espressione marxiana nei Grundisse. <<
[ Gisela Bock, Otto tesi per la storia militante, Primo Maggio n.11, inverno 1977-’78 ]
Per uno spiraglio di coscienza, tra sfruttatx e reiettx, che sia tale.
Se dovessimo porci il problema dialettico non per discorso di alleanze di lotta ma per comprendere dove vada a parare una qualche convergenza critica, tocca riconoscere che nel comunismo libertario ho potuto piacevolmente incontrare persone che smentiscono poi d’altronde tutti quei rincoglioniti (al maschile perché prescrittiva mente patriarcali) che nel virtuale si vantano di profilarsi marxisti senza avere né rendere dell’alienazione esperienza diretta alcuna che non sia quella della sua determinazione salariale, sì d’accordo piaga endemica, ma puntando unicamente alla regolarizzazione legale della quale si rischia di trattare soltanto il sintomo anziché prepararsi a rovesciarne la causa.
>> Perché gli strumenti del padrone non smantelleranno mai la casa del padrone. Possono permetterci di batterlo temporaneamente al suo stesso gioco, ma non ci permetteranno mai di apportare un vero cambiamento. <<
0 (“quadro” e come soggetto sindacale referente.. e quale setting prospettico di organizzazione)
Dall’altro lato dell’olografia del contropotere, si pongono invece i tanto moralmente rigidi quanto nient’altro che integrati quadri stessi, a loro volta, ammiccano a farsi strada nei rapporti istituzionali, un po’ (e ancora titubo a confermare se questo glielo dobbiamo come accusa o come un ringraziamento “nonostante tutto”) purtroppo non se ne vede in effetti, all’orizzonte, alternativa oltre la metà sopravvivenza marginalizzata e sempre meno desiderata rispetto a quella che mi ostinerei, ancora più perché mi rendo conto dell’indispettimento “anacronistico” che suscita, ad indicare come: domesticazione.
Beninteso ribadisco che nel reale conosciamo direttamente più sindacalisti di base di cui è pienamente rispettabile, in senso di strada, la sbatta, piuttosto che quelli in cui prevalga l’ambizione amministrativa, e certo una volta se da un lato i picchetti erano sommossa decisiva anche al di là della singola fabbrica, dall’altro la corruzione del crumirato era ancora decisamente una spina nel fianco infame rispetto al valore di disfatta, termine questo che non potrebbe ormai più assumere l’andamento di mazzette attuale in quanto ampiamente normalizzatosi.. e purtroppo poi, lo sventare il riciclaggio di qualche personaggio da fiction nel girone della corruzione privatistica torna in mano a chi regge quella ministeriale (non da ultimo, l’attuale “virtuoso” connubio dell’antimafia con la direzione degli istituti penali).
Si può pure ammettere che per lo meno in quanto mantiene umida la ferita, in un mondo in cui non si da altro riconoscimento che non ciò che sia stato integrato, resta appunto apprezzabile l’associazionismo in difesa dei diritti conquistati, appunto. Eppure, a chi voglia guardare oltre il proprio naso in senso rivendicativo risulterà, spero evidente, evidente pure ad una misura di comunismo scientifico, la mai coscientemente superata antitesi della dittatura centralizzata tale da sostituirsi con mole egemonica nel controllo dei mercati anziché sotterrare la necessità stessa di controllo. Se non è utopica, non è la mia rivoluzione…(ed a proposito, sindaci e assessorato all’abitare ed all’edilizia popolare potranno cancellare finché vogliono le storie di piccolx ribellx ed utilizzarle per farne propaganda rigenerativa e di accoglienza democratica.. ma poiché tutto ciò non è reale, potrà esistere solo come surrogato del cambiamento. Non c’è emancipazione sociale se non quella che procede da ogni singolo individuo, certo non con gli strumenti assistenziali convenzionati, tantomeno con i dispositivi di accesso elettronico, dai tornelli a quando ci notificheranno le more dell’affitto salendo sul treno, più o meno (non è tanto l’esattezza di questa o simili previsioni che debba preoccupare, ma quello che già avviene automaticamente in tal senso nel sentire comune).
Se ancora si preferisse cavarsi gli occhi piuttosto che guardare alla propria dissociazione ultimamente gravemente dilagante nel rapporto con strumenti gestionali di massa, mentre si puntava il dito contro le sfaccettature senza patria dell’anarchismo o di rimuovere dalla storia ogni rapporto di riappropriazione con le materie prime, fino a quello che sarebbe forse il caso si radicalizzasse in tensione di tipo machnovista; e mentre viene comodo pensare, alla maniera degli snob liberali nei café gentrificati, che >territorio nosso corpo, nostro espirito<, come la intenderebbero indigenxs amazonicxs, non abbia alcun portato di lotta significante per noi, l’ambientalismo è stato rifilato alla disobbedienza spettacolarizzata e promossa da sponsor od a ritorsioni ideologiche nazionalistiche e trumpiste.. Non credo davvero questo schifo possa trovare coerenza, né che possiamo concederci di lasciare in mano a queste ultime deviazioni nessun approccio anti-capitalistico che voglia farsi materialmente tale.
Per quanto nella pecca dell’isolamento politico entro i circuiti delle autoproduzioni vi siano non pochi elementi tacciabili di fricchettonismo, così come nel concetto di cura, non ricaccerei con smania queste spinte in mero olismo, anzi, la spiritualizzazione diffusa e confusa è forse uno degli aspetti che più andrebbe analizzata ora per non farsi fottere anche l’ultimo residuo di quella materiale, in quanto l’olismo è dichiaratamente il presupposto teoretico entro cui si inscrive la nuova cibernetica, e quel che non avete colto è che il delirio della fusione dell’uomo con la macchina non sarà di aiuto alla diminuzione del carico di lavoro delle classi lavoratrici se non comportando nuove forme di razzismo rispetto all’essere più o meno funzionali agli aggregati sistemici, così come non avete capito che con l’alienazione implementata nel quotidiano sopravvivere, insieme alla realtà aumentata per chi volesse fuggire entro un diversivo costruito per sé, ci potremo dimenticare le piazze come momento di conflitto reale oltre che spettacolo subito represso, ma soprattutto di una possibile esistenza senza plessi dirigenziali.
Estrapolo allora dalla relazione semestrale di bilancio, inerente i propri risultati finanziari, pubblicata del Gruppo Hera nel giugno 2021, paragrafo sul “trend di contesto” (1) :
“Dopo il crollo del PIL del -3,3% a livello globale nel 2020 rispetto all’anno precedente, la peggiore decrescita del PIL dalla Seconda Guerra Mondiale, nel primo semestre del 2021 l’economia mondiale ha confermato il trend di ripresa registrato a fine 2020.
Le campagne di vaccinazione in alcune aree del pianeta e le politiche economiche/monetarie ancora molto accomodanti hanno portato il Fondo Monetario Internazionale (FMI) a rivedere le stime di crescita del PIL verso il +6% nel 2021 su scala globale.Le aspettative prevedono per le economie avanzate, più colpite dalla crisi pandemica, una forte ripresa nel 2021, che si estenderà anche al 2022. Stati Uniti e Regno Unito, ad esempio, dovrebbero segnare un incremento del PIL rispettivamente del +6,4% e del +5,3%. Le economie emergenti, invece, dovrebbero registrare una crescita del +6,7%, supportate anche da una ripresa dei prezzi delle commodity energetiche che favorirà i paesi esportatori di petrolio. L’evoluzione della crisi sanitaria nei prossimi mesi, nonché il mantenimento delle politiche fiscali accomodanti, rappresentano tuttavia alcune delle incertezze del quadro di ripresa appena delineato. A causa dell’ulteriore ondata di contagi, l’area euro è stata la più toccata tra le economie avanzate nel 2020, avendo registrato una contrazione del PIL del 6,6% rispetto all’anno precedente.
Ciononostante, le stime per il 2021 restituiscono un quadro economico fortemente in ripresa. Il Fondo Monetario Internazionale (Fmi) prevede infatti una crescita del PIL intorno al +4,6% nel 2021 e al +4,7% nel 2022. Tra le variabili su cui si fondano queste proiezioni si segnala l’approvazione, da parte del Consiglio europeo e degli Stati membri, dei Piani Nazionali di Ripresa e Resilienza che compongono il NextGenerationEU.“
Andando al fulcro del discorso in direzione della messa a profitto sempre più totalizzante in ogni campo, legata quindi non più da tempo a vezzi borghesi ma ad un sofferto adattamento per questione di mera sopravvivenza, salterei direttamente al punto sanitario riprendendo riflessioni di un’area comunista che sembrerebbe ai più (virtualmente cioè, a giudicare dalle facezie di alcuni accel-meme vincenti) votata all’estinzione in quanto non quotata ad accogliere una simile forma di progresso e perciò liquidata come “rimastona” [2 e 3].
“Il PNRR di Draghi mette nero su bianco che la sanità territoriale del futuro si farà con meno medici anziché più medici. Che il rapporto medico-paziente sarà mediato da sovrastrutture telematiche anziché dalla prossimità che un tempo, agli albori dell’istituzione del servizio sanitario nazionale pubblico, era stato vincente.
Che le strutture sanitarie territoriali devono diventare terreno di conquista del privato profit e, cosiddetto, non-profit. Il modello lombardo, così potentemente e drammaticamente svergognato dalla pandemia, diventa ancora più di prima modello dominante. Ed è per questo che il Governo, incapace con queste misure e con il nuovo taglio previsto nel 2022 di fronteggiare la situazione, si è limitato a porre l’attenzione sulle persone, per la verità poche anche rispetto al confronto internazionale, che non si sono vaccinate. Senza peraltro nemmeno prendersi la responsabilità piena di decidere per la vaccinazione obbligatoria, perpetrando misure parziali inefficaci, mentre perfino il tema della vaccinazione dell’intera umanità resta preso in ostaggio dai famelici appetiti di profitto delle imprese capitaliste.
Nel mese di gennaio, ormai prossimo alla fine, gli operatori sanitari (medici, infermieri, Oss) si sono ammalati al ritmo di 800, 1.000 al giorno. La retorica degli eroi di circa due anni fa presenta il conto. Molto comodo parlare di eroi e continuare a lasciare che le cose continuino a non funzionare, con la spesa corrente per la sanità che nel 2022 torna a decrescere rispetto all’anno precedente, come se nulla fosse successo, come se tutto non continuasse a succedere, come se nulla si potesse imparare dalla lezione che la realtà della pandemia ci ha messo sotto gli occhi. Noi pensiamo al contrario che sia urgente una trasformazione completa del modo in cui si struttura la società.“
[ 2, Profitti privati contro salute pubblica, il lungo inverno del personale sanitario e della sanità, articolo di area quantomeno libera da certo stalinismo da scemi di guerra che è tornato a mostrarsi durante la pandemia ]
Certo hanno ben più consapevolezza i reduci dei tradimenti dell’utopia sessantottina che ancora riverbera, di coloro a cui piace la logica del manganello. Il fatto che ciò non risulti banalità da cui porsi una serie di domande sul rapporto tra quella fase e l’odierna è forse altrettanto banalmente segno che lo spirito del tempo ha vinto sul vecchio concetto di ragione politica lasciando alla razionalità del mercato le proprie sorti processuali.
Mi viene a questo punto da commentare che qualche compagnx invece ben più avvezzx all’attacco individualista, scriveva nel 2005, intorno al tema della critica alla scienza ed alla tecnologia nei movimenti degli anni ’70, che persino “Paracelso, oltre a socializzare liberamente i suoi saperi come medico dei ceti non abbienti ed a battersi tutta la vita contro la iatrocrazia accademica e ignorantissima, fu un fiancheggiatore dei moti rivoluzionari del primo ventennio del 500, che passarono poi alla storia come Guerra dei contadini.”
Chi resta nel solco del riappropriarsi di un proprio -non capitalisticamente mediato, intendo- contatto con la natura (e quindi di sé, checché questo paia essenzialista, e a questa obiezione fuffa buona per il gossip ideologico vi risponderei anche “sticazzi”), chi tiene quindi ben presente le vicissitudini per cui certo fascismo cooperativista, pure ben coniato da Mussolini a Franco, e successivamente il modello impresario sono stati riassorbiti nel vario ed eventuale boom economico postbellico, mentre tal altro fascismo di matrice prettamente ideologica golpista e stragista è finito nell’identitarismo del buon cittadino medio che appoggia la caccia ai migranti e allo stesso tempo nelle elucubrazioni evoliane, fino alle appropriazioni biopolitiche da parte di ancelle del sovranismo quale di Fusaro, il nipote scemo di Croce, così come è finito tanto nella partecipazione dell’industria militare per i rifornimenti energetici e commerciali, così il fascismo resta pure, in sordina e ci guardiamo bene dal farne una voce, nella massa dell’uomo qualunque fino ai partiti con i quali si è voluto rivestire conservando la tradizione della carne da cannone e al tempo stesso dei programmi di controllo, che con la sedimentazione del privato nel pubblico prima e nello sviluppo tecnologico poi sono diventati materia per il sorpasso a sinistra delle destre storiche.
Chi ce li avrà mai messi i militari nelle strade?
( Leggasi: saranno in tempo a ripigliarsi coloro che parlando di proletariato promettono di risolvere tutto quando saranno sindaci? )
Pare sia sempre più difficile pure a livello puramente rivendicativo rintracciare l’origine ed il proseguo dello sdoganamento dei corpi armati nella affermazione e nella protezione della proprietà privata ed il procedere ed estendersi della affermazione protetta di questa proprio acciderbolina (grandepuffo) grazie alla collaborazione con la forma statale, quindi ad avvallamento e conservazione del suo potere contrattuale.
La guerra non si riduce alla retorica sanitaria od in quella antiterroristica, bensì si fomenta in quei meccanismi di rimozione costante della morte nel suo lasciarsi sancire dal riconoscimento stesso del principio di mercificazione che segue a quello di proprietà.
Morte infusa da ogni sorta di razzismo, patriarcato, populismo alle masse ed abilismo classista che nutre le file del consumo.. In un simile scenario in cui non si dà stima del benessere comune se non di quello che segue da accaparramento coatto e violenta riduzione ai meccanismi disciplinari, come avrebbero potuto quindi le pratiche ippocratiche di tutti gli ambiti di ricerca mantenersi nello standard di obiettivi vecchi e provinciali come quello di “autosufficienza”?
Se le lavoratrici ed i lavoratori dei servizi detti pubblici non hanno altro margine di esistenza che affidarsi ad un principio centralizzato? Un verme malato, questo, che mentre fertilizza con la propria merda proficua emette nocività che spianano il terreno a nessuna altra necessità che di avanzare con i progressi della ricerca per risolvere col contagocce i propri danni, che pur sfuggendo all’occhio umano, nella profusione di componenti nanometriche in percentuale sempre più preponderante, hanno impatto megaloproduttivo devastante tanto quanto, se non in maniera più irreversibile, quello apparentemente superato.
Sorge allora la preoccupazione che forse non rimanga alcun contatto diretto con gli oggetti dei propri bisogni, venduto nei secoli a logiche di astrazioni autoritarie, dagli assolutismi all’assoluzionismo, fino a quella mercantile coloniale e neocoloniale, logiche e dinamiche che insieme sapremmo ancora mettere sottosopra, ma di cui sempre si dia il caso doversi dimenticare pur di abbarbicarsi tra chi abbia priorità o persino univocità nella lotta.
Scriveva “il loro” (se l’hanno capito) Bordiga nel 1952 :
“La Tecnica [4], pretende di essere un valore assoluto, al di fuori di ogni partita doppia.
Ebbene, mai il ciarlatanismo, il corbellamento del proprio simile, il gabellamento più sfrontato delle menzogne, hanno attinto così alto livello, come in questa epoca in cui siamo “scientificamente” governati. […] Non vi è potente fregnaccia che la tecnica moderna non sia lì pronta ad avvallare, e rivestire di plastiche verginali, quando ciò ciò risponde alla pressione irresistibile del capitale ed ai suoi sinistri appetiti.“
3 [Amedeo Bordiga, da Politica e “costruzione”]
4 [sì, ha usato la maiuscola, Jesi l’avrebbe definito elemento di propaganda tipico della destra, ma non mi soffermo sugli usi simbolici fuor del significato materiale che intendono proferire, questo modo di astrarre sì che è mistificazione tendenziosa; tant’è che basterebbe capire che qui come altrove altri teorici della vecchia, quando si auspica che i termini posti in maiuscolo e polemizzati in quanto assoluto li si vuole distruggere, non è la maiuscola su cui conta soffermarsi, ma quello che rappresenta e ci si rappresenta di distruggere in quanto tale.]
Mentre c’è chi continua con illazioni di superficie sulla pericolosità preterintenzionalmente reazionaria del contrapposti all’idea di progresso dominante oggi, dimenticando i passaggi chiave di ieri tramite i quali esso ha potuto sedimentarsi culturalmente, mentre si prescinde da un riconoscimento dei corpi, delle soggettività che se ne fanno portavoci e soprattutto dalle modalità e delle pratiche dirette che questi mettono in campo, mentre in tutto questo procedere ci si associa non ad altra funzione che la ricrescita del P.I.L., nel momento in cui non si porti più una critica che sia tale (e perciò profondamente autocritica) sugli usi capitalistico-governativi degli strumenti tecno-scientifici che comportano la propria e reciproca alienazione, risulta purtroppo evidente, quale è il processo di osservazione diretta che si richiede al metodo di ricerca, che si produca bonariamente una dissociazione dal percorsi radicali che ci hanno comunemente precedutx, senza dei quali tanti stronzi che non hanno vissuto l’oppressione in prima persona, ossia senza teoria propria, rimangono tali.
Ed perciò proprio nel solco delle istanze che oggi essi non vogliono umanamente vedere, le meno retoriche e più profonde soltanto, che si possa tornare a respirare davvero.
Attacchi ad un isolamento “sanitario” fondato sulle telecomunicazioni di massa
Metropoli di Grenoble: Attacchi coordinati contro antenne-ripetitori per le telecomunicazioni
Attacchi incendiari intorno a Grenoble
Sotto-vita o insubordinazione?
Ogni giorno della tua vita, il tuo corpo ti dice qualcosa. E il tuo corpo non puó mentire.
Lo senti, il rumore dei motori, il ronzio dei droni, degli elicotteri? La tensione elettrica dei neon, dei lampioni?
Quante ore al giorno passate davanti allo schermo di una TV, uno schermo di computer? Di tablet? Di smarthphone? Dietro una finestra? Un parabrezza?
Ti disturba che le finestre non si possano aprire? L’aria condizionata risolve questo problema?
Programmi, appicazioni, algoritmi guidano la tua vita?
Quante ore al giorno dormi? E soprattutto, di quale qualità è il tuo sonno?
Hai ancora coscienza degli stimoli che ti circondano?
Come reagisci ai rumori? Alla luce? Al calore? Al contatto?
La musica è un modo di riempire il silenzio oppure di provocare delle emozioni?
Quante delle tue emozioni hanno biogno d’alcool o di altre droghe per esprimersi?
Effettui molti movimenti diversi, con il tuo corpo? Ne scopri di nuovi, di ampiezza nuova?
Che effetto ti fanno le situazioni di passività forzata?
Che effetto ti fanno gli assalti incessanti dei rumori? Delle voci artificiali? Dei video? Degli annunci? Degli slogan pubblicitari?
Quali sentimenti di urgenza permanente ti creano?
Hai bisogno di momenti di contemplazione? Ti ricordi della sensazione che ciò procura?
Fin dove arriva il tuo sguardo? Se si tratta solo di qualche decina di metri, quale stato d’animo pensi che questo provochi?
Che effetto ti fa la folla? Di quanto spazio ha bisogno il tuo corpo? Che effetto ti fa la grandezza della stanza in cui vivi? Il suo numero di angoli retti? Di linee parallele, di forme quadrate, geometriche?
Hai bisogno di vedere il cielo? Di vedere dell’acqua? Di vedere degli alberi? Degli animali?
È per questo che hai un cane? Un gatto? Delle piante nei vasi? Un balcone? Che vai al parco?
Da dove vengono i tuoi alimenti? Qual’è il tuo rapporto nei loro confronti? Pensi che quello che ingerisci ti faccia bene?
Ti ricordi dell’ultima volta che hai mangiato qualcosa che non veniva da un supermecato?
Quanto tempo riesci a passare senza sapere che ora è?
Che effetto ti fa l’attesa? Aspettare nella fila, aspettare nelle code del traffico, aspettare per pisciare, aspettare per imparare a disciplinare i tuoi bisogni?
Che effetto ti fa la repressione dei tuoi desideri? Attraverso la formattazione, la negazione o la frustrazione sessuale, fin dall’infanzia? La paura o la competizione verso le persone del tuo stesso sesso? La sessualità come mezzo di riproduzione/di controllo?
Il piacere è pericoloso? Il pericolo può essere fonte di gioia?
Senti ancora in te, a volte, una natura selvaggia? Una vita animale?
Senti un vuoto, una carenza di senso cosí forte che le parole non riescono ad esprimerla?
Ti senti a volte ad un passo da impazzire completamente?
Non credi che questo avrebbe dovuto essere il segnale?
Nella notte tra il 17 e il 18 maggio 2020, abbiamo incendiato il ripetitore telefonico di Haute-Jarrie. Almeno due altri ripetitori sono stati attaccati nello stesso momento, intorno a Grenoble.
I ripetitori figurano fra gli intrusi che deturpano i paesaggi. Servono alla comunicazione di massa, presto anche nei luoghi più remoti. Di questi tempi, le strutture della 5G vengono installate a questo scopo.
Le chiacchiere e ciance di massa e il perenne bombardamento pubblicitario svelano il vero vuoto comunicazionale tanto quanto l’assenza di vera comunicazione. Ma non ci possono essere delle vere comunicazioni senza vere “relazioni sociali”. I simulacri di relazioni sociali dei social network ne sono senza sorprese una prova.
Il vuoto esistenziale di un’epoca può essere cosí misurato in relazione, in particolare, all’incessante vuoto comunicazionale che lo riempie.
Ma non vogliamo un mondo in cui la garanzia di poter comunicare a distanza, senza interruzioni e dovunque, viene barattata col fatto di poter essere sorvegliati e controllate costantemente.
Ora, gli imbecilli che si felicitano di un mondo e di una vita “aumentati” non si accorgono – o l’accettano – che essi scambiano una quantità di lacci sempre crescente contro una qualità della vita sempre più spaventosa. Non si tratta d’altro che dell’esistenza vestita degli stracci odiosi della sotto-vita.
Nel mondo della sotto-vita, in più di essere colonizzata dagli esseri umani, coperta di cicatrici asfaltate, in più della distruzione di tante altre forme di vita da essa ospitate, etc., la terra, in tutta la sua estensione, è munita di e incasellata dalle installazioni delle reti di telecominucazione (fra le tante altre). Anche nel cielo, squarciato ovunque dalle numerose traiettorie di trasporti aerei, non ci sono più soltanto delle costellazioni di stelle, ma delle costellazioni di satelliti che attraversano lo spazio.
La radioattività, le onde elettromagnetiche, gli inquinamenti e i virus di ogni tipo sono l’ossigeno sempre più viziato del ventunesimo secolo.
Coscienti di tutto ciò, nulla di strano che questo mondo faccia pensare ad una prigione all’aria “aperta”. Tanto più che l’attuale pandemia ha permesso e permetterà ancora allo Stato di metterci, con il confinamento, nella cella di punizione – certo una detenzione che spesso viene personalizzata.
Per chi ne dubitasse ancora, il sistema carcerale è davvero, quindi, l’aspetto punitivo di questa organizzazione governamentale della vita. Un’organizzazione che porterà presto a sorveglianza e controllo generalizzati delle masse, grazie all’intelligenza artificiale, alle telecamere e smartphone a riconoscimento facciale, il tutto per mezzo delle strette maglie di internet.
Il confinamento ha mostrato bene quanto le telecomunicazioni siano centrali nella vita della “gente”, al punto da accettare di autorinchiudersi.
Mentre alcune persone, con le loro stupidaggini dalla finestra (“corteo”, “manifestazione”…) hanno scelto il suo simulacro, altre hanno propagato (continuato a propagare) la rivolta, con scritte sui muri, vetri spaccati, attacchinaggi, sabotaggi, incendi…
Perchè quale scelta ci resta, in questo mondo?
Quella della sotto-vita, in cui le proeoccupazioni sono il nuovo gadget da acquistare, la nuova App da scaricare?
O quella dell’insubordinazione e della rivolta, le cui preoccupazioni sono le esperienze sensibili vissute in accordo con le proprie idee, la realizzazione individuale, liberata da una massimo di lacci sociali…?
Non sottomettersi significa sottrarsi a questa sotto-vita.
Dei pipistrelli che trasmettono il fuoco
Nota: I giornali dicono che nella notre fra il 17 e il 18 maggio, tre ripetitori sono stati incendiati sui comuni di Jarrie, Seyssinet-Pariset e Herbeys, nelle montagne intorno a Grenoble. I primi due appartengono a Télédiffusion France, che trasmette i canali di TV e radio, ma le antenne toccate ospitavano anche dei ripetitori telefonici. Questa è la seconda volta in poco più di uanno che il ripetitore di Jarrie viene incendiato (a questo link la rivendicazione della precedente azione contro la stessa struttura).
[Traduzione: Insuscettibile di ravvedimento]
Solidarietà ax detenutx insortx in 30 penitenziari italiani
Il comunicato allegato è stato scritto a partire dall’emozione di vedere alcune sezioni della casa circondariale Rocco D’Amato di Bologna momentaneamente liberate da centinaia di detenuti nel corso di un’insurrezione carceraria scoppiata il 9 marzo, seppur affrantx dalle notizie dei primi dei 9 decessi tra coloro che avevano preso parte, la notte prima, alle rivolte nel vicino carcere di San’Anna, in gran parte già distrutto e bruciato.
Verso sera abbiamo seguito il divampare degli incendi, nell’esultanza reciproca. Dal parcheggio interno del carcere saliva una nube grigio ratto (4 volanti della polizia sono state date bruciate) mentre dal tetto sul quale si davano il cambio alcun* occupanti alimentavano il loro fuoco. Fino all’una di notte sono stati attivi.
Il giorno seguente hanno ripreso verso le 10 a mostrarsi sul tetto, purtoppo il presidio non ha potuto avvicinarsi minimamente. C’erano alcunx loro famigliarx, persone anche conosciute, che hanno osservato per molte ore.
Invece di sciogliersi s’è deciso di riprendere come il pomeriggio precedente a cercare di rinforzare la comunicazione con l’interno, anche se abbiamo dovuto assistere al momento in cui, pare terminate le trattative con la direttrice e il giudice di sorveglianza, l’oltre centinaio di detenuti che stava resistendo ha sospeso l’occupazione, lasciando che le guardie tornassero a fare schifo.
Notizie dall’interno di pestaggi non sono mancate, seppur l’istituzione penitenziaria sia impostata per alienare x condannatx.
Le sezioni rivoltatesi erano unicamente quelle dei condannatx sotto i 3 anni, così come in molte altre carceri. Il DAP, nonostante oltre 30 carceri in protesta abbiano messo a dura prova guardie e squadre in divisa, ha acconsentito alla permissione di domiciliari o misure di sorveglianza alternative soltanto a coloro che, condannatx sotto i 18 mesi, ne facessero richiesta legale, quindi a discrezione dei tribunali locali, totalmente indifferente alle difficoltà tecniche che questo può comportare nel frangente dell’epidemia.
Alla Dozza, per 150 rivoltati è stato predisposto il trasferimento, gli altri sono stati trattenuti in isolamento 24/24h, privati dell’ora d’aria, e per una settimana non si è saputo come mettere in contatto i famigliari.
Una recrudescenza delle condizioni dex detenutx sta avvenendo in tante altre carceri, a motivo della diffusione del corona-virus e paradossalmente delle rivolte stesse verso le misure prese per evitare il contagio.
Ma più che un resoconto di quelle due giornate, già espresso da un altro testo, nel comunicato si vuole invitare a ragionare su quali siano, ad oggi i fondamenti delle carceri, discorso che solitamente ci sembra scontato, mentre proprio ora che il problema è stato sollevato seriamente dax detenutx stessx, e in molte parti del mondo, si rischia di frastagliarlo nei meandri provinciali, come il codice che servono, cui si attengono, non possa venire sradicato mentre le sbarre che ne sono diretta emanazione vengono divelte, come se si preferisse adagiare il pensiero critico solo a una questione di contagio covid-19 e l’emergenza sanitaria ad un questione di privilegio e concessioni arbitrarie, emergenza che per altro sta rivelando quanto anche criteri di precauzione o sorveglianza sanitaria si possano strumentalizzare in termini di securitarismo sanzionatorio e ricattatorio, nonché di militarizzazione crescente delle strade.
COMPLICI CON X DETENUTX IN RIVOLTA – CONTRO CARCERI E CPR
Il problema della contagiosità del virus va al più presto affrontato con la liberazione di chi si trova reclusx nelle carceri, luoghi in cui lo stato di salute non può che venire compromesso. Chiaramente questo non sta avvenendo, perché si teme quello che invece noi speriamo.. che restino liberx. Che abitino gli edifici abbandonati, che possano stare vicino alle famiglie.
Se esternamente alle carceri ci scontriamo quotidianamente con misure, siano temporanee o meno, discriminatorie e punitive anziché permettere la libera organizzazione e presa di responsabilità di ciascunx, perché dovremmo concedere un tempo illusioni in cui queste, nel reprimere, abbiano una funzione educativa e di precauzione medica? Non è così.
Si sta comunque chiedendo a chiunque voglia sostenere la richiesta di indulto ed amnistia sollevata dalle rivolte di inviare informazioni utili – anche e soprattutto legali – rispetto ai diritti dei detenuti e dei loro famigliari in questo frangente di silenzio amministrativo.
Cercheremo di attivarci nel contesto diretto della casa circondariale Rocco D’Amato, via del Gomito n.2, Bologna, come minimo mantenendo i contatti tra solidali e parenti, che fino a ieri erano molto preoccupati.
Sembra che il garante dei detenuti non sia ancora entrato in questa prigione,
da lunedì notte. Sono passati sei giorni.
Vorremmo poter verificare determinate informazioni per capire che tipo di procedure stanno avvenendo e tranquillizzare in primis i parenti, che non sanno nemmeno se il cibo viene distribuito, a chi dei reclusi insorti è toccato il trasferimento, a chi di loro sia riservato il trattamento in celle d’isolamento, con quale uso della forza la rivolta sia stata sedata, chi ha bisogno di cure.
Per tenerci aggiornatx -non solo via testate giornalistiche! – su ciò che succede, in modo orizzontale ed informale: tenaglie@autistiche.org
Entro simili riflessioni e nell’invito alla liberazione non si può lasciare implicito – tantomeno escludere!!!- il contesto dei Centri di Permanenza per il Rimpatrio!!!
In Spagna x reclusx di alcunx CIE sono statx rilasciatx, liberx dal provvedimento di rimpatrio, in molti CRA della Francia si stanno susseguendo proteste, in Italia troppo flebile è la loro richiesta d’aiuto, da CPR in cui già ordinariamente versano in condizioni inaccettabili.
Che delle galere crollino le fondamenta!!!
LIBERX TUTTX !!!
AGGIORNAMENTO 24 MARZO:
L’unica nota a firma garante risale a lunedì 15 marzo, rilasciata pubblicamente soltanto ad un giornale della diocesi locale, e pervenuta solo tramite avvocatx alle associazioni per i diritti e contro gli abusi di potere da parte di giustizia e forze dell’ordine, Associazioni cui non ha risposto, che gli avevano invece chiesto uno scambio di informazioni. Si dimostra totalmente disinteressato ad un’apertura delle carceri, pacificato con la stretta dell’isolamento, nella sua dichiarazione giustifica la stretta giustificarlo per via dei danneggiamenti “subiti” nell’ufficio giudiziario e nell’infermeria, pare che sia quindi lavorando a trovare soluzioni di isolamento sanitario interne al carcere. Si commenta da solo.
Al bivio tra reazione e sovversione. Dalla repressione alla liberazione. Spunti eterogenei sulla violenza
Al fondo della mia rivolta contro i potenti trovo, più antico,
il ricordo delle torture inflitte alle bestie.
E più l’uomo è feroce verso la bestia,
più striscia carponi davanti agli uomini che lo dominano.
[Louise Michel]
[Collectively Free, network antispecista]
[dal convegno antimiltarista \ Milano, 18.06.2018]
[dal campeggio antimilitarista \ Cagliari, 2015]
– antimilitarismo antistatalismo anticapitalismo e nuove prospettive
traccia per serata anti-mil
Davanti a devastazioni totali e l’avanzamento del progresso manu militari, che continuano a trovare il modo di associare a sé un pubblico servilismo assertivo, sorge la necessità di non lasciarsi coinvolgere, di non averne paura, di rifiutarli, visto che non siamo proprio del tutto materia inerziale…
Da Variabili Caotiche
“Qualunque cosa che uno possa ritenere elementi negativi nella cosiddetta “area” è anche sua responsabilità contribuire alla loro eliminazione. Burocrazia, egemonia, gerarchie informali, intrighi, false amicizie e “compagni” che pugnalano alla schiena saranno lì finché esisteranno gli anarchici, perché sono elementi umani delle nostre contraddizioni che entrano costantemente in conflitto gli uni con gli altri. Tutte queste patologie sono dovute ad atteggiamenti che non appartengono ad una singola tendenza anarchica ma sono presenti in tutte, e che se non sono affrontate per quello che sono, ce le ritroveremo davanti ancora ed ancora.” [0]
“Questo non vuol dire che dobbiamo fare compromessi e fare concessioni per evitare ogni confronto. Inoltre, come abbiamo già scritto, l’”area” anarchica è allo stesso tempo un’arena di competizione politica in cui varie strategie si intersecano. Se queste non riescono ad andare d’accordo, puntare a camminare su sentieri paralleli senza necessariamente essere in diretto conflitto una con l’altra. Un tale evento sarà fonte di reciproca maturazione politica, che potrebbe permettere all’anarchia di sfuggire alla propria introversione ed acquisire caratteristiche più pericolose per l’autorità.
In ogni caso è consigliabile tenere a mente che ogni critica ai metodi anarchici dovrebbe essere separata dalle persone che li mettono in pratica, poiché il valore di un progetto politico o di un tentativo potrebbe essere diverso dalle persone che vi sono coinvolte; altrimenti criticare uno squat ad esempio, potrebbe essere una critica sterile quanto quella verso un’organizzazione di lotta armata, quando tutto ciò che si trova dietro sono emozioni personali. Perché le persone vanno e vengono, ma il valore di un progetto non ha tempo.” [0]
“The Potential to Storm Heaven” (Documentary on the December 2008 Rebellion in Greece)
> Bang Up and Smash Prisons < categorie linguistiche ed etichette sociali <
“Non è sufficiente criticare semplicemente le azioni altrui. L’anarchia sta affogando in parole critiche e teorie vuote, bisogna agire.” [1]
“Sappiamo che i testi non sono sufficienti a confronto della comunicazione dal vivo, ma d’altra parte comprendiamo che viviamo condizioni di comfort che non consenteno molte opzioni oltre al contributo scritto di pensieri, idee e proposte che fanno appello a chiunque crede che possano derivarne qualcosa.” [2]
Una delle maggiori sfide interne al linguaggio è la selezione di categorie. Qual è il miglior modo per articolarmi senza impiegare la retorica dello Stato? Come essere chiaro nella mia analisi senza usare stereotipi dannosi? Kilgore e altri hanno sostenuto che molte etichette usate per descrivere “persone precedentemente incarcerate” sono esempi di “linguaggio stigmatizzante”. [3]
Mentre ho tentato di evitare qualsiasi linguaggio discriminatorio, ho usato i termini prigioniero ed ex prigioniero. Non è mia intenzione implicare che l’identità principale dell’individuo descritto come un ex prigioniero sia il suo status in relazione al sistema legale (anche se quando sei stato rilasciato può sembrare così). [3]
Come è stato ben documentato, la teoria della porta girevole e l’analisi del cosiddetto recidivo dimostrano chiaramente che una volta che un individuo è stato incarcerato, è sempre più probabile che sia oggetto di future pene detentive. [3]
“Le prigioni rimuovono le persone dalle loro comunità, le isolano dalla sostegno sociale e li disconnettono da rapporti di responsabilità … Di conseguenza, le persone spesso escono di prigione in uno stato molto peggiore rispetto a quando sono entrate, mettendole a maggior rischio delle situazioni che le hanno portate in prigione.” [3]
“La riforma è un percorso verso forme più insidiose di soggiogazione perchè si maschera come umanità, speranza, maggior libertà..” [3]
Le persone delle carceri di donne a medio termine fanno riferimento a quelle che lo Stato ha etichettato come donne e poi imprigionati nelle sue istituzioni di genere. Non presumo che tutti i detenuti di questi miserabili luoghi si identifichino come donne. Né presumo che le carceri femminili ospitino tutti i prigionieri all’interno del sistema che si identificano come donne, poiché ci sono molte donne trans trattenute prigioniere nelle carceri degli uomini, Istituti per la difesa dei giovani (IIS), Centri di rimozione per immigrazione (IRC) e così via. [3]
Molti articoli riguardo le carceri femminili dichiarano, una strana nuvola di oltraggio liberale, che le donne non dovrebbero essere in prigione. Le organizzazioni riformiste e i criminologi sostengono che questa incarcerazione distrugge le famiglie e le vite e che le donne hanno “bisogni complessi” che la prigione non affronta. Vorrei essere chiaro: nessuno dovrebbe essere in prigione. La prigione è veleno. [3]
Alcune etichette sono necessarie per andare avanti con la discussione, quindi spero di aver scelto le opzioni meno offensive, ma convenienti. Personalmente, non ho problemi con le persone che si riferiscono a me come ex prigioniero; tuttavia, molte altre etichette relative all’incarcerazione e al sistema legale sono altamente problematiche. “Offensore” implica colpa, così come la parola “criminale”. Il linguaggio della legge è il linguaggio del dominio e non voglio perpetuarlo. [4]
“Molte persone che non vanno mai in tribunale sono persone offensive e maggiore è il potere sociale di qualcuno, maggiori sono le opportunità di imporre la propria offensività sugli altri.” [4]
“Non abbiamo ancora imparato a parlare delle prigioni come istituzioni che raccolgono e nascondono le persone che la società tratta come rifiuto.” [5]
“Rather than try to imagine one single alternative to the existing system of incarceration, we might envision an array of alternatives that will require radical transformations of many aspects of our society. Alternatives that fail to address racism, male dominance, homophobia, class bias, and other structures of domination will not, in the final analysis, lead to decarceration and will not advance the goal of abolition.” [3]
[traduzione da Bang Up and Smash Prisons]
- Wild Fire, An Anarchist Prison Newsletter Number One (2015)
- CCF, Chaotic Variables: A Theoretical Contribution in Proposal for an Informal Anarchist Platform (2016)
- Sarah Lamble, “Transforming Carceral Logics: 10 Reasons to Dismantle the Prison Industrial Complex through Queer/trans Analysis and Action”, in Captive Genders: Trans Embodiment and the Prison Industrial Complex (by Eric A. Stanley and Nat Smith, AK Press, 2011)
- Karlene Faith, Unruly Women: The Politics of Confinement and Resistance (Seven Stories Press, 2011)
- Angela Y. Davis, The Meaning of Freedom: and Others Difficult Dialogues, (City Lights Publishers, 2012)